15 maggio, Sant’Isidoro agricoltore
Lavorando la terra e lodando il Signore
Con quattro decreti emanati lo stesso giorno (12 marzo 1622), papa Gregorio XV canonizzò Ignazio di Loyola, Teresa d’Avila, Francesco Saverio, Filippo Neri e Isidoro contadino. Al traguardo della santità erano arrivati per strade molto diverse. Isidoro ha conquistato la santità zappando la terra. La povertà della famiglia (nacque a Madrid verso il 1080) lo aveva costretto ancor giovanissimo a cercarsi un lavoro di bracciante in campagna. Come molti contadini, si alzava al canto del gallo per poter assistere alla celebrazione della Messa prima di recarsi ai campi. Il suo primo datore di lavoro, un certo Vera, ne apprezzò subito sia la gran voglia di lavorare sia la rettitudine e l’onestà. E tuttavia questo instancabile lavoratore dei campi venne accusato dai compagni addirittura di “assenteismo”. Per appartarsi a pregare, dicevano costoro spinti da gelosia, Isidoro abbandonava il posto di lavoro. Era vero, ma il giovanotto ricuperava quell’oretta trascorsa a lodare Dio tra le zolle fustigate dal sole raddoppiando il suo impegno. Il proprietario tagliò corto e pretese la consegna di tutto il raccolto del campo che gli aveva concesso in mezzadria, oltre all’abbandono delle pie pratiche durante la giornata lavorativa.
Dio premiò la pazienza del mite bracciante, moltiplicando il poco grano che gli era rimasto nel granaio. Quando poté rientrare al suo quartiere madrileno, dopo la forzata emigrazione, fu assunto da un proprietario terriero più comprensivo, Giovanni Vargas, che ne fece il suo braccio destro. Bersagliato nuovamente dalla maldicenza degli altri braccianti, Isidoro accettò serenamente la prova senza protestare. Il Vargas volle comunque vederci chiaro e si appostò segretamente vicino al campo dove lavorava Isidoro. Lo sorprese infatti inginocchiamo a pregare, ma poco lontano vide un angelo che reggeva l’aratro e un altro che guidava i buoi. Da quel giorno, è facile comprenderlo, la stima si mutò in devozione. Assecondato dalla pia consorte, in una nobile gara di carità verso il prossimo, Isidoro non trasse vantaggi personali dalla benevolenza del suo datore di lavoro: continuò a lavorare la terra con alacre dedizione, spartendo con i poveri i beni materiali procurati col sudore della propria fronte. Aveva sempre qualcosa da donare ai bisognosi, perfino ai passeri, per i quali, recandosi al mulino, spargeva sulla strada innevata manciate di grano, senza che il contenuto del sacco diminuisse di peso. Morì nel 1130, circa. Filippo II, attribuendo la sua guarigione all’intercessione del santo contadino, di cui si era fatto portare alcune reliquie, divenne uno dei più zelanti promotori della sua canonizzazione, che, se tardò a venire, si risolse in vera apoteosi.