Manda il tuo spirito, Signore, a rinnovare la terra
Vangelo di domenica 8 giugno
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre. Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».
Commento
La venuta del Paraclito
A cura di Rosalba Manes, Biblista e consacrata Ordo Virginum
Nella solennità di Pentecoste la Liturgia della Parola ci fa continuare a sondare le profondità delle ultime parole pronunciate da Gesù. Il Cenacolo, luogo dell’acqua del servizio e del pane del nutrimento interiore, spazio riempito della presenza amante del Figlio, si prepara ad accogliere il fuoco, la presenza del Paraclito, il dono del Padre al mondo scaturito dal costato aperto di Cristo. Così nell’avviarsi verso il compimento della sua esistenza terrena, Gesù consegna ai suoi discepoli le perle di un tesoro che i ladri non possono portare via e la ruggine non può corrodere. Le sue sono parole simili ad un testamento, raccomandazioni che solo un cuore che ama sa rivolgere, indicazioni che invitano ad andare oltre l’apparente dilagare del male e orientano il cuore alla speranza. Ai discepoli Gesù non ha voluto consegnare solo un potere, quello di compiere segni nel suo nome per risollevare l’uomo, ma ha desiderato trasmettere un calore capace di non spegnere il primo amore anzi di continuare a farlo ardere con maggiore intensità, e una forza capace di resistere al male, anzi di vincerlo con il bene, con la dinamite del perdono.
«Se mi amate…» è la proposta di Gesù: non un comando ma l’invito affascinante a corrispondere al suo amore gratuito. La fede, la sequela, il discepolato non sono impegni o progetti da eseguire con ansia imprenditoriale, ma espressione di un amore umile e nascosto da mettere in cir-colo, manifestazione di un cuore che sa smettere di essere pietra e sceglie di essere carne. Solo se si ama si custodisce, si interiorizza, si fa accedere l’altro al cuore del proprio cuore. Solo amando il Maestro, si dà spazio alle sue parole, le si assorbono ed esse diventano carne. L’amore infatti è la via comune dell’umanarsi di Dio e del divinizzarsi dell’uomo. E mentre i discepoli sono invitati a dare ospitalità ai suoi comandamenti, il Maestro, vero Figlio del Padre fino alla fine, implora dal Padre la forza divina che è la scaturigine dell’amore: lo Spirito santo, che egli qualifica come «un altro paraclito», colui cioè che, come Gesù bel pastore, sa mettersi affianco all’uomo, sa prenderne le difese, sa essere tutto per lui, a suo vantaggio, per la promozione dei suoi doni, per la fioritura della sua vocazione. E se Dio è per lui, chi mai potrebbe essere contro di lui? (cf. Rm 8,31). Il Paraclito non è invocato per un momento puntuale dell’esistenza umana ma «perché rimanga per sempre». Questo Paraclito, che la Chiesa da sempre ha chiamato «ospite dolcissimo», viene inviato dal Padre perché i discepoli imparino a dargli libero accesso al loro cuore così che Dio stesso che è Trinità di Amore, pienezza di comunione, possa prendervi dimora. Gesù rivela così la gioia del Padre di fare dell’uomo la sua casa.
Dare ospitalità a Dio nella propria vita e nella propria interiorità è esperienza che sprigiona amore, che lo immette nella storia e l’amore quando è messo in circolo ci salva dall’essere individui e ci fa essere persone, creature capaci di comunione, capaci di dare ospitalità alla vita dell’altro. «Se uno mi ama…» è la rinnovata proposta di Gesù per vincere la solitudine profonda e destabilizzante che spesso graffia il cuore e turba i rapporti. L’amore non è un fare ma uno stile da scegliere, una decisione da prendere per uscire dalla tomba dell’egoismo. L’amore è il senso dell’intero viaggio della vita, viaggio che può essere gioia e festa grazie alla presenza invocata e accolta dello Spirito di Dio. Questo Consolatore infaticabile, facendosi pazientemente e amorevolmente accanto, fa cadere ogni maschera d’ipocrisia, ci insegna e ricorda ogni parola di verità e ci invita ad essere trasparenti davanti a Dio e agli uomini.
«Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito perché rimanga con voi per sempre». Quando il Nuovo Testamento parla di Spirito Santo, dice «Paraclito», termine greco che tradotto in latino è «advocatus», cioè avvocato, che vuol dire colui che chiami vicino a te, colui che cammina vicino a te perché ti assista in tutto e per tutto. Quindi è persona. Non è la forza di Dio, l’energia di Dio, una qualità di Dio, ma è persona. Perché insisto molto sul fatto che lo Spirito Santo sia riconosciuto come persona? Perché implica tutta la relazione con una persona: è lui che parla dentro di te, detta e ispira i profeti santi di Dio; non è la forza di Dio, è persona che opera. Tutta la vita spirituale è suscitata, guidata, sostenuta dallo Spirito Santo: è lui che ti fa nuovo!
Don Oreste Benzi (Tratto da “Pane Quotidiano, Sempre Editore”)
L’opera d’arte
Juan de Flandes, Pentecoste (1500-1519 ca.), Madrid, Museo del Prado. Questo dipinto faceva parte probabilmente di un polittico dedicato alla Vita della Vergine o alla Passione di Cristo, eseguito da Juan de Flandes, pittore originario delle Fiandre, per la regina Isabella di Castiglia. La scena della Pentecoste è ambientata in un interno architettonico, sobrio ma solenne, con colonne e una parete in pietra sullo sfondo, tipico dello stile fiammingo che mescola elementi tardo gotici con un primo accenno di prospettiva rinascimentale. Al centro della composizione, in trono, siede Maria, fulcro visivo e spirituale, con le mani giunte e lo sguardo rivolto verso l’alto. Una colonna divide il dipinto verticalmente, creando un effetto di profondità. Intorno alla madre di Gesù, in semicerchio, si trovano gli apostoli, tutti con espressioni di meraviglia e venerazione, colti nell’atto di ricevere lo Spirito Santo, rappresentato da piccole lingue di fuoco sopra le loro teste. L’uso della prospettiva e la resa naturalistica della luce, dei tessuti e degli arredi mostrano la maestria tecnica di Juan de Flandes e il suo interesse per l’osservazione della realtà.
V.P.