“Carcere: conoscere per cambiare”, il 5 giugno primo incontro promosso da Centro Missionario e Venite alla Festa
Dalla punizione alla prevenzione
C’è un’Italia invisibile, compressa dietro le mura delle carceri. E’ un’Italia che fatica a raccontarsi, spesso ridotta a stereotipo o rimosso collettivo. Eppure, il carcere è una delle fotografie più nitide della società in cui viviamo, non solo perché ospita chi ha infranto la legge, ma perché ne riflette i limiti, le fragilità, le omissioni. “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». Così recita l’articolo 27 della Costituzione italiana. Parole chiare, vincolanti, che dovrebbero orientare ogni riflessione sul carcere. La realtà oggi è ben lontana da quel dettato, le nostre carceri, nella maggior parte dei casi, non rieducano: comprimono, isolano, spesso annientano. Per rompere il silenzio e portare l’attenzione su questo tema urgente il Consiglio Missionario Diocesano, diretto da don Antonio Dotti, e l’associazione “Venite alla festa” hanno organizzato un ciclo di due incontri dal titolo “Carcere: conoscere per cambiare”. La prima serata che si è svolta lo scorso 5 giugno, un momento, capace di intrecciare drammatiche esperienze personali e visioni concrete di cambiamento. Davanti ad un pubblico numeroso e coinvolto Ettore Tazzioli, direttore di TRC, ha introdotto la tavola rotonda con un richiamo alla cronaca: la rivolta nel carcere di Sant’Anna a Modena nel marzo 2020, con nove morti, e il dato agghiacciante dei suicidi in carcere in Italia nel 2025, già più di novanta.