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  • Proteggimi,
    In cammino con la Parola
    Pubblicato il Novembre 13, 2024

    Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio

    La diocesi di Carpi legge il Vangelo - Vangelo di domenica 17 novembre 2024

    Dal Vangelo secondo Marco

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo. Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».

    A cura di Stefania Garuti, Consiglio Missionario Diocesano

    Lectio

    In questo testo Gesù sembra parlarci della fine del mondo, la chiusura di tutto. Tribolazione, sole e luna oscurati, stelle che cadono dal cielo. Non è però tutto perduto: quando vivremo quel momento, non dobbiamo rassegnarci perché sta per arrivare la salvezza. Come, Gesù ce lo dice a modo suo, con una delle sue parabole: guarda al fico, quando il ramo diventa tenero e stanno spuntando le foglie, sta arrivando l’estate, e presto quell’albero darà frutti. L’albero di fico è spesso richiamato nella Bibbia, e il suo frutto simboleggia la fedeltà all’alleanza con Dio: quando non c’è, allora manca fedeltà e subentrano il peccato e la guerra (cfr. Ger 8,13; Gl 1,7). Gesù stesso, in un’altra occasione, maledice un albero di fichi che non ha frutto, ed esso secca fino alle radici (Mc 11).

    Per interpretare correttamente questi versi, occorre rivolgere lo sguardo alla storia. Quando Marco scrive, le comunità cristiane hanno appena vissuto la persecuzione di Nerone, che ha portato al sacrificio di Pietro e Paolo, si sono succeduti vari imperatori, l’impero stesso sembra disintegrarsi nell’instabilità. Quelle stelle che cadono, quel sole che si oscura sono gli dei pagani, probabilmente si riferisce anche alla religione di stato dei romani che sta per cadere, e con essa la visione superficiale e superstiziosa che porta le genti di allora a pregare per avere favori e prosperità. In quel momento si farà spazio il Vangelo di Cristo, portato dagli apostoli a tutte le genti.

    Meditatio

    Il Vangelo di Marco non può essere più attuale. A distanza di due millenni, ancora ci ritroviamo nell’atmosfera apocalittica descritta: abbiamo vissuto una pandemia, non ancora del tutto esaurita, ci sono nuove terribili guerre, eventi climatici estremi, carestie, ingiustizie sociali. Potere e ricchezze mal distribuite, narcisismo, egoismo e indifferenza ci circondano. È il momento, è adesso la fine del mondo? Gesù ce lo dice: sì. È la fine di questo mondo terribile se sappiamo guardare ai piccoli germogli del fico, cioè i piccoli germogli della fede che vediamo nascere in noi e nel nostro prossimo, nelle nostre comunità. È il nuovo inizio, se sappiamo convertirci, volgere il nostro sguardo e il nostro cuore, a Lui, alla Parola che egli ci ha donato, se lasciamo da parte il “mio” per far spazio al “nostro”, con il Suo aiuto (cf. la preghiera del Pater).

    Oratio

    Canto “Ritornerà il Signore” (musica e testo: Maurizio Lodi)
    Ritornerà il Signore, l’ha promesso, ritornerà di notte e tu l’attendi, ritornerà il Signore, l’ha promesso, per quella notte non addormentarti. Io grido a Lui con tenera fiducia, la notte mio Dio sarà questa ritornerà il Signore l’ha promesso, per quella notte non addormentarti. Accesa la tua lampada mantieni, e chiara sia sempre l’anima tua accesa la tua lampada mantieni, perché Egli non fatichi nel trovarti. Tutto per Lui saremo quando viene, le lacrime d’un tempo asciugherà tutto per Lui saremo quando viene, se egli ora è tutto per noi.

    Contemplatio

    Sta a noi accogliere e meditare quello che la liturgia ci propone, non solo in questa domenica in cui veniamo sollecitati in modo così incisivo, ma anche, e soprattutto, guardando a quanto abbiamo da poco vissuto: ottobre è stato il mese missionario. Essere missionari non è solo andare in paesi poveri a portare il Vangelo e il nostro aiuto, possiamo anzi dobbiamo – essere missionari tutti i giorni. Come fare? Basta ascoltare i racconti di chi vive un’esperienza missionaria, letteralmente incarnazione di questo brano del Vangelo. Arrivi in un paese e ti scontri con la povertà materiale assoluta, mancano acqua e cibo, ti togli letteralmente qualcosa di bocca, tu che non ne hai poi così bisogno, per darlo a un altro. Poi, vivendo la comunità, ti accorgi che non c’è niente, ma abbonda la solidarietà, tutti si conoscono, si aiutano, e sorridono sempre, grati di quel poco che hanno. In quel momento crollano le tue stelle e il tuo cielo, e ti chiedi seriamente se questa, in cui viviamo noi che leggiamo questo articolo, possa essere definita davvero civiltà.

    Fractio

    È nel momento in cui capisci che le “parole che non passeranno” (v.31) che l’amore che Cristo e il mandato missionario che ha comandato ai suoi discepoli (e che si è trasmesso nei millenni), può essere applicato ogni giorno, da tutti noi, nei confronti della famiglia, degli amici, della comunità, del nostro prossimo. È solo allora che termineranno l’egoismo, l’avidità, i conflitti, grandi o piccoli che siano, e si farà spazio la vita nuova. Nel momento in cui avremo tutti attenzione per gli altri, allora inizierà un’altra Storia, quella del Signore per noi (v.26).

    L’opera d’arte

    Jan van Eyck, Crocifissione e Giudizio finale (1430 circa), New York, Metropolitan Museum. Non ha bisogno di presentazioni Jan van Eyck, insuperato maestro fiammingo del primo Quattrocento, autore di due pannelli, forse parte di un polittico, in cui, in chiave escatologica, la Crocifissione è affiancata al Giudizio finale. Quest’ultimo si articola, come da tradizione iconografica, su tre piani, dall’abisso degli inferi fino alla vetta del Paradiso: in alto domina il Cristo giudice, alle cui spalle vi è la croce – la stessa della Crocifissione – retta da due angeli, adorato dalla Vergine Maria e da San Giovanni Battista, in posizione di spicco, e dalla schiera celeste, con gli apostoli vestiti di bianco, i santi e i beati.

    Nel secondo livello, ecco la terra, dove i morti risorgono dai sepolcri nell’ultimo giorno, e il mare, da cui riemergono gli annegati, mentre l’Arcangelo Michele separa i giusti dai malvagi. I suoi piedi poggiano sul grande scheletro alato, la morte, che abbraccia, e, nello stesso tempo, delimita la sottostante voragine della dannazione eterna. Come la Crocifissione, il Giudizio è reso con un gran numero di personaggi e una minuziosa attenzione ai dettagli.

    V.P.

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